Siamo di fronte al delitto dei delitti: una madre che uccide i propri figli bambini per far dispetto al proprio marito. Che senso ha essere misurati e minimalisti? Come si può trattare una storia così atroce, così clamorosa, così tragica per eccellenza, e non sfruttarne tutti i possibili risvolti retorici? Un delitto così orrendo non può essere cantato a una sola voce o su una sola corda di violino. È necessario un coro di cento voci, un’intera orchestra di cento elementi. Altrimenti perché una tale infamia? I media d’oggi, televisivi, giornalistici, saprebbero ben sfruttare a fondo una vicenda tanto atroce e crearne uno spettacolo da Gran Guignol: per il supremo delitto la suprema spettacolarizzazione!Ci piace credere che queste stesse considerazioni sulla “spettacolarità” le abbia fatte Seneca quando, quasi mezzo millennio dopo Euripide (quella di Euripide è del 431 a.C.) decise di scrivere e mandare in scena il suo “remake”. Ed ecco un’opera a tutto spettacolo, carica di adrenalina, intensamente tragica, barocca, retorica, grondante di tinte forti, bellissima e godibilissima, terribile e maestosa. No, non delude proprio la Medea di Seneca.....
Ugo Randone in www.tiraccontoiclassici.it/opera.php?id=121
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