Fu, istituito con la legge n. 92 del 30 marzo 2004, in memoria delle vittime delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata. La Questione Istriana, nasce dopo la sconfitta dell'Italia nella Seconda Guerra Mondiale, quando questa terra, con gli altri territori ad est dell'Adriatico, viene ceduta alla Jugoslavia. L'Istria è, storicamente, una regione italiana (ne è testimonianza l'architettura); Dante, nel De Vulgari Eloquentia, la prende in esame come tutte le altre regioni. tuttavia,dal 1295 le cose son cambiate; varie invasioni, la lunga dominazione del multietnico Impero Austro-Ungarico hanno mescolato le etnie e all'indomani del 1945 non si poteva considerare più una terra solo italiana.
Per oltre 60 anni è stata inghiottita nel silenzio, annullata, cancellata. Proprio come migliaia e migliaia di persone: inghiottite, cancellate, annientate in quelle foibe della Venezia Giulia e della Dalmazia diventate il simbolo di un eccidio. È proprio lì, in quelle voragini carsiche tipiche dell’Istria, che fra il 1943 e il 1947 furono gettati dalla furia dei partigiani comunisti jugoslavi di Tito, vivi e morti, migliaia di italiani. A essere inghiottita è stata una tra le pagine più dolorose della storia nazionale. Morti, migliaia di morti. Ed esuli. Centinaia di migliaia di persone costrette all’esodo dalle proprie terre della Venezia Giulia e della Dalmazia. Costrette a fuggire in altre città italiane o all’estero: chi in America, chi in Australia. Un esodo durato oltre 10 anni. Una storia che è stata dimenticata per anni dalla memoria collettiva, ma mai cancellata dalle menti di chi ha perso qualcuno, qualcosa, se stesso. Negli anni Novanta la politica interrompe quel silenzio e inizia a reinteressarsi di quella tragedia. Solo nel 2004, esattamente dieci anni fa, arriva una legge, una norma che istituisce il giorno del ricordo per le vittime delle Foibe e dell’esodo. Quel giorno sarà ed è il 10 febbraio e oggi ricorre il decimo anniversario. La storia La prima grande ondata di violenza esplode subito dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943: inizia un periodo di sbandamento, l’esercito italiano si dissolve e in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani non comunisti. Torturano, massacrano, affamano e poi gettano nelle foibe circa un migliaio di persone. Li considerano ‘nemici del popolo’. Il massacro si ripete nella primavera del 1945, quando le truppe di Tito occupano Trieste, Gorizia e l’Istria. Le vittime sono gli italiani: non solo fascisti, ma anche personaggi che potevano rappresentare una classe dirigente dell’antifascismo perché punti di riferimento dell’opinione pubblica non allineata al nuovo potere. Tito si accanisce anche contro i partigiani, con i membri del Comitato di liberazione nazionale, contro tutti coloro che volevano difendere la comunità italiana. Sarebbero stati d’impiccio al suo grande progetto politico di annessione di quei territori. A cadere dentro le foibe ci sono fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini, ha raccontato a Mixer nel 1991 Graziano Udovisi, rappresentante della milizia italiana a Trieste e sopravvissuto a una foiba. L’esodo giuliano dalmata La persecuzione prosegue fino alla primavera del 1947, fino a quando, cioè, viene fissato il confine fra l’Italia e la Jugoslavia. Il dramma degli istriani e dei dalmati non finisce perché nel febbraio del 1947 l’Italia ratifica il trattato di pace che pone fine alla Seconda guerra mondiale, e l’Istria e la Dalmazia vengono cedute alla Jugoslavia. Centinaia di migliaia di persone (il numero è incerto: c’è chi parla di 350mila, chi di 270mila, ndr) si trasformano in esuli. Si cerca di portare via anche ciò che non è possibile portare via con sè, anche i propri morti. Anche pezzi di terra, sassi, pietre di monumenti millenari. Perchè esodo non vuol dire abbandonare la propria terra, bensì recidere le proprie origini. Scappano dal terrore, non hanno nulla, a volte non trovano in Italia grande accoglienza. La stessa politica non se ne interessa. “La memoria stava scomparendo, ora è stata recuperata” Per oltre cinquant’anni il silenzio della storiografia e della classe politica ha avvolto questa vicenda, questa strage. “Per colmare queste ferite – dice Raoul Pupo, professore di Storia contemporanea all’Università di Trieste – non è sufficiente il giorno del Ricordo: chi ha perso qualcuno, chi ha sofferto, non verrà mai indennizzato in modo totale. Lo stesso vale per chi che ha perso case, terre. Il giorno del Ricordo ha però un significato preciso: in primo luogo quello di reintegrare nella memoria nazionale la memoria di chi è stato colpito da quelle tragedie. In secondo luogo – continua – questa giornata consente agli italiani di riappropriarsi della conoscenza di una storia importante, non solo quella del massacro delle Foibe e dell’esodo, ma anche della storia della presenza italiana sull’adriatico orientale che è una parte importante della storia italiana. Prima del giorno del ricordo, o comunque fino agli anni ’90, la memoria stava scomparendo, ora è stata recuperata, salvata”.
La questione ha due aspetti:
1. la persecuzione di Tito (le Foibe), 2. la cacciata degli italiani.
Entrambe le questioni sono state fatte passare a lungo sotto silenzio, e anche il fatto di essere divenute una bandiera dell'estrema destra non ha giovato alla verità.
Rimosse negate, minimizzate, le foibe sono state considerate, dai libri di storia una inevitabile rappresaglia per le crudeltà perpetrate dai fascisti sulle minoranze slave (il che è vero, ma non giustifica la loro Damnatio Memoriae)
Per i profughi; lo Stato ha cercato di facilitarne l'integrazione (per esempio erano di diritto i primi in ogni concorso pubblico, tanto che mia zia, per fare qualche supplenza, dovette trasferirsi da Trieste ad Ancona), ma ha fatto poco per consolarli.
per saperne di più:
- Il Trattato di Osimo, con cui, nel 1975 è stata definitivamente sancita la perdita delle terre sulla sponda orientale dell'Adriatico.
- Cosa sono le foibe: testimonianze, documenti e fotografie.
Per oltre 60 anni è stata inghiottita nel silenzio, annullata, cancellata. Proprio come migliaia e migliaia di persone: inghiottite, cancellate, annientate in quelle foibe della Venezia Giulia e della Dalmazia diventate il simbolo di un eccidio. È proprio lì, in quelle voragini carsiche tipiche dell’Istria, che fra il 1943 e il 1947 furono gettati dalla furia dei partigiani comunisti jugoslavi di Tito, vivi e morti, migliaia di italiani. A essere inghiottita è stata una tra le pagine più dolorose della storia nazionale. Morti, migliaia di morti. Ed esuli. Centinaia di migliaia di persone costrette all’esodo dalle proprie terre della Venezia Giulia e della Dalmazia. Costrette a fuggire in altre città italiane o all’estero: chi in America, chi in Australia. Un esodo durato oltre 10 anni. Una storia che è stata dimenticata per anni dalla memoria collettiva, ma mai cancellata dalle menti di chi ha perso qualcuno, qualcosa, se stesso. Negli anni Novanta la politica interrompe quel silenzio e inizia a reinteressarsi di quella tragedia. Solo nel 2004, esattamente dieci anni fa, arriva una legge, una norma che istituisce il giorno del ricordo per le vittime delle Foibe e dell’esodo. Quel giorno sarà ed è il 10 febbraio e oggi ricorre il decimo anniversario. La storia La prima grande ondata di violenza esplode subito dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943: inizia un periodo di sbandamento, l’esercito italiano si dissolve e in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani non comunisti. Torturano, massacrano, affamano e poi gettano nelle foibe circa un migliaio di persone. Li considerano ‘nemici del popolo’. Il massacro si ripete nella primavera del 1945, quando le truppe di Tito occupano Trieste, Gorizia e l’Istria. Le vittime sono gli italiani: non solo fascisti, ma anche personaggi che potevano rappresentare una classe dirigente dell’antifascismo perché punti di riferimento dell’opinione pubblica non allineata al nuovo potere. Tito si accanisce anche contro i partigiani, con i membri del Comitato di liberazione nazionale, contro tutti coloro che volevano difendere la comunità italiana. Sarebbero stati d’impiccio al suo grande progetto politico di annessione di quei territori. A cadere dentro le foibe ci sono fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini, ha raccontato a Mixer nel 1991 Graziano Udovisi, rappresentante della milizia italiana a Trieste e sopravvissuto a una foiba. L’esodo giuliano dalmata La persecuzione prosegue fino alla primavera del 1947, fino a quando, cioè, viene fissato il confine fra l’Italia e la Jugoslavia. Il dramma degli istriani e dei dalmati non finisce perché nel febbraio del 1947 l’Italia ratifica il trattato di pace che pone fine alla Seconda guerra mondiale, e l’Istria e la Dalmazia vengono cedute alla Jugoslavia. Centinaia di migliaia di persone (il numero è incerto: c’è chi parla di 350mila, chi di 270mila, ndr) si trasformano in esuli. Si cerca di portare via anche ciò che non è possibile portare via con sè, anche i propri morti. Anche pezzi di terra, sassi, pietre di monumenti millenari. Perchè esodo non vuol dire abbandonare la propria terra, bensì recidere le proprie origini. Scappano dal terrore, non hanno nulla, a volte non trovano in Italia grande accoglienza. La stessa politica non se ne interessa. “La memoria stava scomparendo, ora è stata recuperata” Per oltre cinquant’anni il silenzio della storiografia e della classe politica ha avvolto questa vicenda, questa strage. “Per colmare queste ferite – dice Raoul Pupo, professore di Storia contemporanea all’Università di Trieste – non è sufficiente il giorno del Ricordo: chi ha perso qualcuno, chi ha sofferto, non verrà mai indennizzato in modo totale. Lo stesso vale per chi che ha perso case, terre. Il giorno del Ricordo ha però un significato preciso: in primo luogo quello di reintegrare nella memoria nazionale la memoria di chi è stato colpito da quelle tragedie. In secondo luogo – continua – questa giornata consente agli italiani di riappropriarsi della conoscenza di una storia importante, non solo quella del massacro delle Foibe e dell’esodo, ma anche della storia della presenza italiana sull’adriatico orientale che è una parte importante della storia italiana. Prima del giorno del ricordo, o comunque fino agli anni ’90, la memoria stava scomparendo, ora è stata recuperata, salvata”.
La questione ha due aspetti:
1. la persecuzione di Tito (le Foibe), 2. la cacciata degli italiani.
Entrambe le questioni sono state fatte passare a lungo sotto silenzio, e anche il fatto di essere divenute una bandiera dell'estrema destra non ha giovato alla verità.
Rimosse negate, minimizzate, le foibe sono state considerate, dai libri di storia una inevitabile rappresaglia per le crudeltà perpetrate dai fascisti sulle minoranze slave (il che è vero, ma non giustifica la loro Damnatio Memoriae)
Per i profughi; lo Stato ha cercato di facilitarne l'integrazione (per esempio erano di diritto i primi in ogni concorso pubblico, tanto che mia zia, per fare qualche supplenza, dovette trasferirsi da Trieste ad Ancona), ma ha fatto poco per consolarli.
per saperne di più:
- Cosa sono le foibe: testimonianze, documenti e fotografie.
- Legge 30 marzo 2004, n. 92 "Istituzione del «Giorno del ricordo»"
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