(LA) «Parve -- nec invideo -- sine me, liber, ibis in Urbem:ei mihi, quod domino non licet ire tuo! » (Ovidio, Tristia I, 1, 1-2) (IT) «Andrai, piccolo libro, senza di me nella Città, ma non ti invidio.Va' - va' nella Città a me proibita - proibita al tuo padrone.» Relegato ai confini dell'impero, in una terra "barbara" i cui abitanti non parlavano neppure latino, Ovidio divenne lui stesso il protagonista della sua poesia e vi espresse il rimpianto per il successo di un tempo, la nostalgia per gli affetti perduti e per i suoi cari lontani, le speranze di ritorno, le suppliche ad Augusto, la constatazione di condurre ormai un'inutile esistenza in un luogo orrendo, la sofferenza per la durezza della vita presente. Sono questi i temi che ricorrono, talora ossessivamente, nelle ultime raccolte di elegie i Tristia (Tristezze) e le Epistulae ex Ponto (Lettere dal Ponto), dirette alla moglie e agli amici. Nelle ultime raccolte domina in genere l'aspetto